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Cannabis Indica e Cannabis Sativa: cosa sappiamo?

Nel 1785 il primo a descrivere la distinzione tra cannabis Indica e Sativa fu Jean Baptiste Lamarck

Spesso quando leggiamo o ascoltiamo parlare di Cannabis si tende a fare confusione tra cannabis Indica e cannabis Sativa.

In questo articolo facciamo ordine su queste due varietà, quali sono gli effetti e le differenze che le caratterizzano.

Nella seconda parte dell’articolo invece spiegheremo i principali cannabinoidi che compongono la pianta con le rispettive proprietà e caratteristiche.

Le caratteristiche morfologiche della Cannnabis Indica e Sativa

Le piante di Cannabis Indica si caratterizzano per le foglie molto ampie ed una forte ramificazione, ed hanno un’altezza molto contenuta.

Le piante di Cannabis Sativa invece al contrario posso raggiungere fino ai cinque metri di altezza, sono poco ramificate ed hanno foglie molto strette.

Cannabis Indica e Sativa, brevi cenni storici

Nel 1785 il primo a descrivere la distinzione tra cannabis Indica e Sativa fu Jean Baptiste Lamarck. Secondo il naturalista francese, la cannabis Indica esprimeva una maggiore produzione di resina e proprietà terapeutiche maggiori rispetto alla cannabis Sativa.

Con il passare degli anni arriviamo fino al XXI secolo quando le teorie di Lamarck vengono ribaltate completamente e la cannabis Sativa viene descritta come una varietà di Cannabis dalle proprietà completamente diverse rispetto a quelle descritte da Lamarck.

Bisogna sottolineare però che negli anni coltivatori e ricercatori hanno lavorato sui migliori fenotipi di cannabis per ottenere le migliori qualità dalle varietà di Indica e Sativa. Ciò ha determinato nel tempo, un assottigliamento sempre maggiore nelle differenze tra Indica e Sativa.

Photo by Shane Rounce on Unsplash

Cannabis Indica e Sativa, quali sono gli effetti?

La Cannabis Indica ha effetti pressoché rilassanti, può essere utilizzata, ad esempio, per conciliare il sonno o per cercare una forma di relax a seguito di una giornata particolarmente stressante.

La Cannabis Sativa al contrario ha effetti stimolanti ed energizzanti, ha un’interazione cosiddetta attiva.

Entrambe queste varietà trovano campo di applicazione in ambito terapeutico, la soggettività e le problematiche che si intendono lenire con la cannabis suggeriscono di usare una varietà rispetto ad un’altra, a seconda della concentrazione di cannabinoidi e terpeni presenti.

Tuttavia, il tema dell’applicazione della cannabis in ambito terapeutico è un argomento che richiede un approfondimento specifico, di cui parleremo nei prossimi articoli.

Cannabinoidi e Cannabis

Nella Cannabis troviamo oltre 80 Cannabinoidi, i più noti sono certamente il THC ed il CBD.

Il THC (Delta-9-tetraidrocannabinolo) fu isolato e sintetizzato per la prima volta negli anni 60’ da Raphael Mechoulam, “il padre della Cannabis”, israeliano, è stato tra i primi scienziati a studiare la Cannabis e le sue potenzialità. Il THC è il responsabile dell’effetto psicotropo; stimola il cervello che rilascia la dopamina da cui scaturisce un effetto di euforia e benessere.

Nel 1985 la “Food and Drugs Administration” riconosce la capacità terapeutica del THC, sviluppando un farmaco, il Dronabinol, realizzato dall’Unimed Pharmaceuticals grazie anche ad un finanziamento dell’istituto nazionale sul cancro.

Il CBD (Cannabidiolo) ormai noto al pari del THC, a differenza del primo non ha effetti psicotropi. E’ utilizzato da una platea sempre più ampia di utenti, che assumono questa molecola per svariate finalità.

Ciò è possibile grazie alla comunitá medico scientifica, che testimonia le attività antiossidanti, anti-infiammatorie, analgesiche e neuroprotettive del cannabidiolo.

Nel 2017 l’Organizzazione mondiale della Sanità ha pubblicato un report in cui mette in luce le grandi potenzialità terapeutiche del CBD, sottolineando come sia ben tollerato e non ci sono ad oggi evidenze scientifiche che mettono in luce problemi per la salute dell’utente.

Negli ultimi anni un ‘nuovo’ cannabinoide sta raccogliendo l’attenzione di ricercatori e di conseguenza dell’opinione pubblica. Parliamo del CBG, acronimo di Cannabigerolo.

Il CBG è un fitocannabinoide, che a differenza del THC, non ha proprietà psicotrope.

Il Cannabigerolo è stato scoperto nel 1964 da Y.Gaoni, composto da acido cannabigerolico (CBGA), il CBG è uno dei primi cannabinoidi che si formano nella pianta di cannabis.

Inseguito, durante la fase di crescita e maturazione, alcuni enzimi entrano in azione trasformando il CBGA in una varietà di cannabinoidi acidi, quali THCA, CBDA, e CBCA.

A differenza del CBD, il CBG è un cannabinoide che svolge un’azione per altri composti prodotti dalle piante durante la fase di crescita.

Il CBG contribuisce ad aumentare la produzione di anandamide, il principale endocannabinoide presente nel corpo umano.

L’anandamide, agendo sui recettori CB1 e CB2, contribuisce alla regolazione del sonno, dell’appetito e della memoria.

Lo studio condotto dai ricercatori del dipartimento di Farmacia dell’Università di Napoli Federico II, in collaborazione con i medici del reparto di Diagnostica dell’Ospedale dei Pellegrini di Napoli e i ricercatori del CNR di Pozzuoli, ha messo in evidenza l’azione del CBG nel contrastare infiammazione intestinale arrivando alla conclusione che “il cannabigerolo è una nuova opportunità terapeutica per chi soffra della patologia indicata”.

La Cannabis è una pianta che dimostra grandi potenzialità terapeutiche e non solo, le singole molecole che la compongono possono contribuire in maniera essenziale ad innalzare il benessere quotidiano di milioni di utenti. Potenzialità che andremo a scoprire nei prossimi articoli.

 

 

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